Intervista al Presidente Federico Montesanto che racconta le dinamiche, le motivazioni e le ragioni che hanno portato alla nascita di MIA – Musica Indipendente Associata, l’Associazione di categoria italiana che oggi rappresenta e promuove gli interessi dei produttori fonografici, delle etichette discografiche e dei distributori musicali.
– Da dove nasce l’idea di chiamarla MIA?
Dall’esigenza di dare agli indipendenti italiani un luogo di confronto che potessero sentire proprio, per cui avere un senso reale di appartenenza, da sentire “tuo” a tutti gli effetti ed all’interno del quale sia sempre garantita la libertà di espressione e di parola, l’informazione puntuale e competente e soprattutto la presa di distanza da quelle lobby che pregiudicano l’uguaglianza e le pari opportunità sul mercato.
– Chi sono le figure che hanno condiviso questa visione comune e creduto nella creazione della nuova associazione?
Dal piccolo produttore all’etichetta che produce artisti internazionali, dal distributore fisico all’aggregatore digitale, fino agli esperti del diritto associativo o del data flow dei diritti dovuti ai produttori ed agli artisti interpreti esecutori. MIA ha la fortuna di nascere da un’unione trasversale di professionisti con un background molto diverso tra di loro e con esperienze diametralmente opposte, che hanno saputo costruire negli anni e “sul campo” un inestimabile bagaglio di competenze specifiche che oggi apportano con entusiasmo all’associazione, in una logica di dialogo costruttivo e senza pregiudizio che, ritengo in tutta onestà, caratterizzi MIA rispetto ad altre realtà analoghe.
– Quali sono gli obiettivi di MIA a breve termine?
Dare seguito agli incontri preliminari con le istituzioni, le altre realtà associative, le società di collecting ed i grandi provider internazionali, per definire gli obbiettivi comuni realizzabili. Tra i primi punti in Agenda MIA c’è l’abbandono della cosiddetta “Black box” (dove oggi confluiscono i flussi economici che non si è riusciti ad attribuire all’avente diritto) attraverso una rendicontazione analitica delle utilizzazioni musicali e la standardizzazione dei modelli di interscambio tra Utilizzatori e Società di Collecting.
– MIA è legata o fa riferimento a qualche programma politico?
No, MIA è un’associazione di categoria apartitica ed apolitica, così com’è la Musica. MIA intende quindi dialogare e mettere a disposizione le proprie competenze specifiche, con tutte le forze politiche, nell’interesse degli associati e della categoria tutta.
– Come si rapporterà MIA con i media tradizionali e con quelli digitali?
Dialogando costruttivamente ma cercando di riequilibrare e garantire, anche a livello legislativo, la quota minima di rappresentanza degli indipendenti in ragione della market share reale. Oggi invece assistiamo passivamente a troppe discrasie nei confronti degli indipendenti, dalle radio che fanno le etichette, ai provider che fanno i distributori, alle major che controllano le playlist ufficiali. C’è bisogno di chiarezza nei ruoli ed uniformità nelle regole!
– Quanto è social MIA?
Tanto social! Siamo già su Facebook, Instagram, Twitter e Linkedin, e questo perché MIA nasce da produttori ed etichette musicali moderne e con modelli di business attuali, che sono consapevoli di come oggi non sia possibile fare business discografico senza i social network ma, più in generale, senza fare networking e brand positioning.